Corno Grande, da Campo Imperatore
Introduzione
Più che una vera e propria relazione, anche a causa delle avverse condizioni meteo iniziali, quest'articolo è soprattutto la cronaca di una splendida giornata in montagna.
Descrizione
Dopo una notte di bufera, assolutamente inaspettata a metà settembre, ci svegliamo con ancora vento forte e nebbia che sale dall'aquilano. Le previsioni indicano un miglioramento e noi fiduciosi ci incamminiamo comunque: non abbiamo coperto 800 km in auto per rinunciare senza nemmeno tentare! Il vento rende la temperatura poco gradevole e l'umidità della nebbia, oltre a guastare il paesaggio, gela le ossa di chi, montanaro del nord, è sì abituato a temperature rigide, ma anche ad una umidità relativa di molto inferiore. La conseguenza è il passo veloce, favorito da un itinerario iniziale evidente come un'autostrada e con poche impennate di quota. (Segnavia 3 - 4 e pannelli indicatori ai bivi). Dopo un'oretta di marcia si arriva all'attacco della via Direttissima, posto al bivio con il sentiero attrezzato per il suggestivo bivacco Bafile: un vero e proprio nido d'aquila. Per chi non vuole correre troppi rischi è il momento di indossare l'imbragatura, legarsi e soprattutto indossare il casco: la possibilità di vedere cadere dei proiettili indesiderati è abbastanza alta, soprattutto in considerazione dell'affollamento che abbiamo riscontrato. Per noi si è trattato dell'ultimo colpo di coda del freddo. Poi il cielo si è aperto come da previsioni, anche se il vento non ci ha mai privato della sua rinfrescante presenza. La via direttissima è una semplice arrampicata di II - III grado, che i più esperti possono affrontare anche senza incordarsi. L'itinerario è segnato da grossi segni di vernice verde e non sono necessarie nemmeno le scarpette da arrampicata. Attenzione però: queste mie considerazioni sono rivolte a persone di buona esperienza e livello tecnico. Abbiamo fatto in tempo a raccogliere un buon numero di aneddoti poco edificanti riguardo ad alpinisti improvvisati che anche qui sono riusciti a mettere in pericolo la propria vita e quella altrui! In vetta il paesaggio è sicuramente splendido ed appagante, anche se le condizioni di visibilità non sono perfette. Abbiamo istintivamente optato per la discesa in cresta ovest, piuttosto esposta, ma ben segnalata da bolli rossi e bianchi, salvo poi renderci conto che rientrare subito al rifugio ci avrebbe condannati a più di mezza giornata d'inedia. Così abbiamo tagliato lungo una traccia di sentiero per raggiungere l'evidente sentiero della cosiddetta Via Normale (n.3) e risalire così fino al congiungimento del sentiero che sale dalla Sella dei Due Corni. Poi via in discesa lungo il tratto attrezzato: meta il Corno Piccolo. Pochi metri a valle (lato ovest) dello spartiacque costituito dalla Sella dei Due Corni (per intendersi quello opposto al Rifugio Franchetti), inizia la via ferrata denominata "Via Danesi", che sulle prime si rivela per essere un semplice sentiero ripido che risale un canalino. Il percorso è sempre indicato da grossi bolli bianchi e rossi. La difficoltà principale si presenta a poca distanza dalla vetta, quando ci si trova di fronte all'opzione tra l'infilarsi in un buco della roccia o proseguire lungo un piccola cengia molto esposta. Poi non resta che proseguire con prudenza verso la vetta. Il ritorno si può fare sul medesimo percorso o seguendo l'ennesima "via normale", che sbuca pochi metri più a valle dell'attacco della via Danesi. Con grande scandalo (postumo) degli esperti locali abbiamo poi scelto di non risalire verso il Corno Grande per riallacciarci alla via normale n.3, ma di tagliare in costa una parete dirupata lungo la quale corre una via ferrata in non perfette condizioni: la via ferrata Brizio. A quanto ci è stato riferito essa è considerata non sicura se non addirittura pericolosa. In effetti qualche ancoraggio era dubbio e almeno un gradino di una scaletta era divelto, ma se devo dire la verità, a nessuno di noi è venuto in mente che potesse trattarsi di un percorso "chiuso al pubblico". I normali accorgimenti di sicurezza e la prudenza che bisogna sempre esercitare ci hanno fatto sembrare il percorso particolarmente suggestivo e decisamente bello e divertente. Abbiamo così potuto sfiorare quello che probabilmente è l'ultimo nevaio perenne sopravvissuto ai mutamenti climatici della fine XX secolo e che purtroppo sembra destinato a scomparire del tutto. Era il ghiacciaio più meridionale d'Europa. Il risultato di questo taglio "fuori ordinanza" è stato di ritrovarci praticamente senza fatica ed in meno di un'oretta ben al di sotto del bivio tra la via normale n.3 e la via di cresta n.3A a quota 2500m circa. Una breve discesa nel vallone sotto la Vetta Occidentale , lungo un sentiero tracciato nella morena ed ecco raggiunti nuovamente i pascoli, mentre il Gran Sasso ci sorveglia da lontano; anche il bivacco Bafile si staglia all'orizzonte in pieno sole. Un lungo traverso a mezza costa ci porta al bivio tra i sentieri 2 e 3. L 'uno diretto al rifugio Duca degli Abruzzi, l'altro che ci riporta a Campo Imperatore. Sapendo che la birra e la doccia sono vicine, gli ultimi tratti di sentiero si divorano rapidamente e completano una giornata indimenticabile.
Bibliografia
- L.Grazzini, P.Abbate, Guida ai Monti d'Italia - Gran Sasso d'Italia, Milano,
- A.Alesi, M.Calibani, A.Palermi, Gran Sasso le più belle escursioni, SER
Cartografia
- CAI L'Aquila, Parco Nazionale Gran Sasso Laga, Gran Sasso d'Italia, 1:25000, Firenze 1999