Phare de la Gacholle, da Saintes-Maries-de-la-er
Descrizione
Dal parcheggio vicino all'Office du Tourisme sul lungomare del paese di Saintes-Maries-de-la-Mer, cuore della Camargue, procedere verso est, sempre sul lungomare stesso, ma non prima di aver fatto scorta di cibo e acqua, dato che per tutta la durata della gita non ci saranno posti di rifornimento... Soprattutto abbondate di liquidi, anche zuccherati, perché sole, vento ed eventuale fatica non perdonano e possono trasformare una bella gita in un vero e proprio incubo: il fatto di non essere in un territorio “aspro” come la montagna non deve far sottovalutare la potenza di certi elementi naturali. In fondo al lungomare si giunge al centro di talassoterapia, che si aggira compiendo un'ampia deviazione ad U. Si arriva al parcheggio a pagamento per camper, ma i ciclisti possono passare liberamente sul lato sinistro della carreggiata. Ha così inizio la pista che, senza cambiare mai direzione, ci porterà al faro della Gacholle. Il paesaggio è costituito da stagni più o meno grandi (fino a sembrare dei laghi o a confondersi con il vicino mare) sul lato sinistro, mentre sul lato destro si aprono squarci sulla spiaggia o su altri stagni forse di acqua salata. Fin da subito si possono incontrare degli abitanti del posto: fenicotteri rosa, aironi ed altri uccelli acquatici, che a migliaia risiedono più o meno stabilmente nella regione. Non fatevi tentare dal deviare direttamente tra gli stagni su improbabili sentierini percorsi dalle gite di cavalieri: spesso ci si imbatte in guadi, terreni instabili e recinzioni che probabilmente non impressionano i cavalli, ma che rendono impossibile la progressione in bicicletta. Dopo circa 3 km si giunge al confine della Riserva Nazionale di Camargue, zona umida protetta. Qui si ha un assaggio di una tipica difficoltà di percorso: la sabbia soffiata dal vento che invade la strada, per cui bisogna scendere e spingere le biciclette. Capiterà altre volte. Non temete, non avete sbagliato strada... Solo auguratevi che in questi momenti non si presentino in massa altri animali tipici della zona: le zanzare! Poco dopo si vedrà sulla destra uno stagno dall'acqua rossa, probabilmente zeppo di crostacei di cui sono ghiotti i fenicotteri. Questi uccelli, infatti, hanno un piumaggio rosa proprio perché assorbono in questa maniera la pigmentazione dei crostacei di cui si nutrono. Ancora qualche chilometro ed appare all'orizzonte il faro della Gacholle, nostra tappa intermedia. Qui troveremo un po' d'ombra e delle panche per fare merenda e rilassare gambe e natiche se non sono abbastanza allenate alle pedalate. Questo faro oggigiorno è automatizzato. Non c'è più il romantico guardiano, ma resta comunque un posto assai suggestivo, posto com'è “in mezzo al nulla”. Volendo pedalare ulteriormente, la nostra gita continua sempre in direzione est – sud-est sulla strada bianca che separa lo stagno di Fangassier (a sinistra nella foto) e lo stagno di Galabert (a destra). Sono due grandi specchi d'acqua, che è facile confondere con il mare. (foto stagni grandi) Ci saranno un paio di deviazioni, ma voi tenete sempre la destra, prendendo cioè la strada verso sud-est. Al compimento del ventesimo chilometro, (decametro più decametro meno), si raggiungerà un posto panoramico posto all'incrocio di due piste: quella che avete appena percorsa, riservata al turismo ecologico, e quella carrozzabile che porta alle vicine spiagge. Guardando la foto ed aguzzando la vista, potete vedere sulla linea d'orizzonte poco sopra la staccionata sulla destra, il faro che avrete oltrepassato un po' di tempo prima. Se non si è provetti ciclisti e soprattutto se si ha la prospettiva di un rientro contro vento o comunque “in mezzo al vento”, è tempo di voltare le biciclette e tornare alla base seguendo il medesimo percorso dell'andata. Chi sarà stato previdente ed avrà messo anche un binocolo nello zaino, potrà constatare che quella “riga” biancastra sulla destra, sulla sponda opposta dello stagno di Fangassier, non è una spiaggia, ma un'enorme massa di fenicotteri, che là nidificano e si riproducono, sotto gli occhi dei ricercatori che li studiano nascosti in una torretta.