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Ciriè

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A cura di:

Ultimo rilievo: 25/09/2006
Lunghezza
8.00 Km
Quota di partenza
183 m
Altezza di arrivo
183 m
Tempo di andata
03h00'
Tempo di ritorno
11h25'
Periodo consigliato

Accesso

Lasciata l'autostrada A5 di Volpiano si procede lungo la SP in direzione di Lenì, poi Caselle sino a raggiungere Ciriè.

Introduzione

Tra arte e storia nella "Delizia" dei Marchesi d'Oria.

Descrizione

L'itinerario ha inizio dall'ufficio informazioni di Via Rosmini, presso gli uffici comunali della dependence di Villa Remmert. La prestigiosa residenza della famiglia Remmert, costruta su progetto dell'ing. Pietro Fenoglio tra il 1902 e il 1906, è ispirata allo stile liberty e si caratterizza per l'uso della linea curva, elegante, sviluppata in motivi floreali. Altri esempi dell'attività dell'ing. Fenoglio sono il Villino Scott, il Conservatorio del Santo Suffragio a Torino e il famoso Quartiere delle case operarie del Cotonificio Leumann a Collegno. La storica residenza, acquistata dal Comune di Ciriè nel 1988, è stata recentemente ristrutturata e destinata a sede di mostre d'arte

Attraversata Piazza d'Oria, percorriamo un tratto di portici in direzione della Stazione Ferroviaria e giungiamo a Palazzo D'Oria. Il palazzo fu costruito alla fine del XV secolo per volere dell'illustre famiglia Provana: nel 1576 divenne dimora dell'antica e potente famiglia ligure D'Oria, nell'ambito della permuta che consentì ai Savoia di ottenere l'accesso al mare con l'acquisizione di Oneglia. Tuttavia i Savoia continuarono a frequentare il palazzo dedicandogli un importante ruolo in quella "corona di delizie" che realizzarono in diverse zone della Provincia di Torino. La sede ciriacese raggiunse il suo massimo splendore nella seconda metà del Seicento, quando Carlo Emanuele II iniziò ad utilizzarla regolarmente tanto che un'ala del palazzo fu adibita a suo appartamento privato.
Il complesso architettonico era dotato di un ampio parco con lago, una "orangerie" e una recinzione per proteggersi dagli sguardi indiscreti dei borghigiani. Nel corso dei secoli la famiglia D'Oria ha arricchito l'interno con tele di argomento mitologico, cineserie e un'ottantina di ritratti di famiglia realizzati anche da imprortanti pittori di corte, oggi conservati nella galleria che ospita la biblioteca storica. Il palazzo restò proprietà dei D'Oria fino al 1909, quando la famiglia di imprenditori prussiani Remmert lo acquistò per poi donarlo alla città come sede del Comune.

Usciti sul lato opposto rispetto all'ingresso da Palazzo D'Oria, percorrendo Via Dante e Via Roma, troviamo la cappella di Santa Maria di Loreto; di fronte imbocchiamo Via Vittorio Emanuele, l'antica Via Maestra. Superata la Chiesa dello Spirito Santo, svoltiamo a destra in Via Macario, poi a sinistra nel suggestivo e antico Vicolo Ospedale che ci porta in Piazza Castello, da cui proseguiamo in Corso Nazioni Unite, a sinistra, per raggiungere la Torre di San Rocco, solitaria testimone del centro fortificato della Ciriè medievale. Posta a nord-ovest della città, corrispondeva a uno dei quattro angoli delle mura perimetrali dell'antico castello, sorto nella seconda metà del XII secolo per ordine della casa dei Monferrato, raggiunse il suo maggior splendore nel Trecento sotto la marchesa Margherita di Savoia che, come dimostrano i conti del castellano del 1306 e del 1307, lo fece sistemare per la sua corte. Il maniero fu poi irrimediabilmente distrutto nel Cinquecento.

Dalla torre imbocchiamo Via Don Giordano, svoltiamo a sinistra in Via Montebello e subito a destra in Via Santo Sudario, dove si erge l'omonima Chiesa, la cui costruzione primitiva risale al 1400: sull'antica cappella furono inseriti successivi interventi di ampliamento (XVI sec.), in seguito all'istituzione a Ciriè della Confraternita del Santo Sudario nel 1521 (prima in Italia e seconda in Europa dopo Chambéry). L'edificio fu oggetto di rimaneggiamenti ed ampliamenti tra il Seicento e il Settecento, variamente attribuiti agli architetti Amedeo di Castellamnonte e Francesco Lanfranchi e a maestranze luganesi. L'elegante facciata è arrichita dal dinamismo di cuspidi, volute e nicchie. Allinterno sono molteplici i richiami al Sacro Lino, con riproduzioni in affreschi, dipinti, sculture e arredi. Tra le pregevoli opere si segnalano l'altare a finto intarsio del comasco Pietro Solari, il settecentesco coro ligneo, l'orchestra con organo e il dipinto sindonico absidale risalente al 1791.

Proseguendo per Via Santo Sudario incontriamo nuovamente Via Vittorio Emanuele dalla quale, svoltando a destra, raggiungiamo la barocca Chiesa di San Giuseppe, la cui origine è intimamente legata alla storia e alla vita di Ciriè: fu infatti costruita dai Ciriacesi tra il 1932 e il 1937 in conformità al voto generale della popolazioni in occasione della pestilenza del 1630-1631. Nel 1647 vi fu trasferita la sede parrocchiale che si trovava nella vicina Chiesa di San Martino, ormai insufficiente e in precarie condizioni.
L'edificio è ricco di stucchi, marmi e pitture e conserva al suo interno pregevoli opere d'arte, fra le quali spicca una pala attribuita a Defendente ferrari, commissionata dalla Corporazione dei Mercanti della Lana nel 1516. çs grande pala dell'altar maggiore, raffiugurante la Madonna con Bambino assisa su un'alta predella circondanta da Santi, è un dipinto su tavole attribuito fino ad ora a Ottaviano Cane, pittore cinquecentesco originario di Trino Vercellese, le cui opere sono conservate anche nella Pinacoteca Reale di Torino; ma durante il recente intervento di restauro del dipinto si è ipotizzato che l'autore possa essere un artista franco-fiammingo formatosi in Italia.
Nell'oratorio è allestito il "Presepe sotto la neve", una singolare rappresentazione del mistero del Natale ambientato nella realtà delle vicine montagne delle Valli di Lanzo.

Proseguendo per Via Vittorio Emanuele e successivamente per Via Lanzo giungiamo in Piazza San Martino, dove sorge la Chiesa di San Martino di Liramo, considerata una delle più interesanti testimonianze di architettura religiosa romanica in Piemonte e Monumento Nazionale dal 1910.
In origine faceva parte dell'insediamento rurale esterno alle mura del borgo: edificata all'inizio dell'XI secolo a navata unica, fu poi ampliata con l'aggiunta di altre navate laterali quando la struttura acquisì maggiore importanza grazie alla costruzione del castello; dopo l'erezione della Chiesa di San Giuspee all'interno del borgo fu abbandonata e cadde in rovina.
Le due absidi maggiori sono interamente decorate con affreschi del XIII-XV secolo, tuttora discretamente visibili; il campanile, realizzato con frammenti di laterizi romani e ciottoli di fiume, è composto da sette piani caratterizzati da feritoie, cornici marcapiano, monofore, bifore e trifore ornate da archetti pensili.

Tornando indietro imbocchiamo nuovamente Via Vittorio Emanuele, la cui importanza affonda le radici nei secoli. Infatti lungo questa strada troviamo ancora oggi alcuni eleganti edifici che presentano caratteri in stile gotico piemontese (numero civico 179, 97, 91, 85), ornati da archi a sesto acuto e decorazioni in terracotta. Al numero civico 100 si trova una torre quadrata che fece parte probabilemente della casa delle famiglie nobili Cavalerio e Graziani, ora detta Torre Ampalla. Sotto i portici di Via Vittorio Emanuele si svolgeva la vita commerciale della città e nei giorni stabiliti aveva sede il mercato.

Proseguendo lungo Via Vittorio Emanuele, svoltiamo in Via San Ciriaco e raggiungiamo il Duomo di San Giovanni Battista, Monumento Nazionale dal 1887. La chiesa rappresenta un esempio ragguardevole dello stile gotico piemontese: fu infatti presa a modello dall'architetto Alfredo D'Andrade per la costruzione della chiesa del Borgo Medioevale di Torino in occasione dell'esposizione del 1884. Le'dificio fu eretto tra il XIII e il XIV secolo, forse sulle fondamenta di un termpio precristiano dedicato alla dea della caccia Diana. La parte absidale fu rifatta nel XVIII secolo con l'aggiunta dell'altrare maggiore ad opera di Bernardo Antonio Vittone. Il duomo custodisce nella navata sinistra una preziosa pala di Defendente Ferrari che rappresenta la Madonna del Popolo (1519) e un crocifisso ligneo del XIII secolo, pregevole esempio di scultura medievale piemontese-aostana. In fondo alla navata di destra troviamo le tombe della famiglia D'Oria e, dietro l'altare maggiore, un trittico rappresentante il battesimo di Gesù Cristo, dipinto da Giuseppe Giovenone nel 1531.
In fondo alla navata sinistra, sopra l'altare è collocato un gruppo statuario in terracotta raffigurante il compianto del Cristo Morto.

Dal Duomo raggiungiamo il vicino viale alberato e giriamo a destra lungo Piazza D'Oria per poi imboccare Via Rosmini (Villa Remmert). Dopo averne percorso un buon tratto, svoltiamo alla seconda a sinistra (Via Trivero); superata Piazza Vittime dell'Ipca raggiungiamo Via Brunero, superiamo il passaggio a livello della ferrovia e giriamo a sinistra per Via Monte Grappa. Successivamente svoltiamo alla prima a destra (Via Milano), in fondo giriamo a destra per Via Rossetti e poi a sinistra per Via dei Pioppi; dopo il sottopasso svoltiamo a destra e proseguiamo finché non si incontra Via Robaronzino: qui giriamo a sinistra e proseguiamo fino all'omonima cascina, ben visibile poiché conserva ancora buona parte della sua struttura originale seicentesca con muro di cinta in pietre e mattoni.
La Chiesa di Santa Maria degli Angeli domina il complesso con il suo campanile barocco in mattoni. L'esterno dell'edificio, lineare e semplice, non rivela lo "scrigno" rococò conservato all'interno: dipinti di Pietro Francesco Guala, altare in marmo policromo, abside e pareti decorate da figure di angeli in stucco uniche nel loro genere per plasticità e colori.

Dalla cascina Robaronzino ritorniamo sui nostri passi, rifacendo il percorso all'inverso fino al parchieggio di Piazza Vittime dell'Ipca dove possiamo osservare il complesso polifunzionale Ciriè 2000, simbolo dello sviluppo industriale della città decollato negli ultimi decenni dell'Ottocento grazie soprattutto ai Remmert, famiglia di imprenditori tessili che, giunti dalla Germania, nel 1874 si stabilirono a Cirip per impiantare una serie di opifici. I Remmert erano proprietari di una vasta area tra le attuali Via Rosmini e Via Mazzini, dove costruirono il loro più importante opificio, la cosiddetta Biancheria, fabbrica di coperte: una parte di questo grande sito industriale è stato salvato dalla demolizione per la sua particolare architettura elaborata dall'ing. Pietro Fenoglio.
Durante il periodo di maggior splendore la famiglia Remmert possedeva nel ciriacese sei fabbirche tessili, con duemila dipendenti fra operai e impiegati.
In breve rientriamo al punto di partenza del percorso (Villa Remmert).

Ci siamo stati